Scuola

Sport e scuola: "Donnarumma ha sbagliato, quell'esame doveva farlo"

Intervista a Giorgio Lamberti, l'ultima grande icona del nuoto bresciano

Giorgio Lamberti (web)

“Me lo ricordo come se fosse ieri, io che l’acqua non l’avevo mai vista: ero sempre stato in montagna. Tutto è cominciato per caso, dal suggerimento di un medico. Tra l’altro non era il mio medico, era un medico di turno alla domenica. Spesso stavo poco bene, lui ha guardato mia madre negli occhi e le ha detto: il nuoto fa bene alla salute. Avevo 6 anni”. Parola di Giorgio Lamberti, l’ultima grande icona del nuoto bresciano (non ce ne vogliano i suoi successori: è stato il primo nuotatore italiano maschile a vincere una medaglia d'oro in un campionato mondiale) che ha fatto dello sport una scelta di vita. La carriera agonistica, prima: la carriera da dirigente oggi. Tra i fondatori del Gam Team di nuoto (e non poteva essere altrimenti), ma soprattutto presidente del centro sportivo San Filippo di Brescia: l’unica vera “casa” delle associazioni sportive bresciane, cittadine e non.

Tanto da raccontare, come è giusto che sia: “Alle prime lezioni in piscina, al centro Fin di Viale Piave, non c’era verso. Per questo devo ringraziare mia mamma, e la sua caparbietà: certo non pensava alla carriera agonistica, ma aveva a cuore la mia salute. Ecco perché se devo fare un appello, mi piace rivolgerlo alle mamme, ai genitori in generale. I genitori sono fondamentali per la crescita di un ragazzo, o di una ragazza. Anche della sua crescita sportiva”. Niente agonismo forzato, niente premi in denaro per ogni gol fatto: “Quando va così, si fa presto a diventare colpevoli. I giovani di oggi, che magari saranno i campioni di domani, non devono essere pressati di responsabilità che non si meritano, che non dovrebbero avere”. Sport e scuola, quelli sì che dovrebbero andare insieme: “La scuola viene prima di tutto, questo è chiaro. Ma al netto del risultato scolastico, dovrebbe essere un orgoglio per qualsiasi istituto avere un grande sportivo. In questo siamo molto in ritardo, ad esempio rispetto alla cultura americana e anglosassone”.

Certo non bisogna cominciare dal liceo: “Quando un ragazzo va alle superiori ha già maturato la sua mentalità, ha già capito (più o meno) quello che vuole fare, dove può e dove non può arrivare. Ma lo sport dovrebbe accompagnare i nostri figli almeno fin dai primi anni di scuola. E qui entrano in gioco i genitori. Tutto ha un’origine: tutto comincia da come la famiglia progetta il futuro dei propri figli, da quanto tempo decide di dedicare a loro piuttosto che chiuderli in camera, o addormentarli davanti alla televisione o allo smartphone. Oggi è più difficile, ci sono ostacoli nuovi. E allora pensiamola così: avvicinare i piccoli allo sport significa responsabilizzarli, abituarli al sacrificio, al rispetto delle regole, a comprendere cosa significa vincere e cosa significa perdere”.

Tutto comincia da casa, ma non solo: “Con lo sport ci diverte, s’impara. Ma soprattutto con lo sport si sta bene. E una società civile che investe in attività motoria prepara le nuove generazioni ad avere meno patologie. Non c’è tempo da perdere: in Italia abbiamo il triste record di obesità infantile, siamo i peggiori d’Europa”. Ma a volte è pure un problema culturale. “Penso al caso Donnarumma. Secondo me è stata una cosa mortificante, un ragazzo che è già una star che decide di andarsene in vacanza a 48 ore dagli esami. Questo è mancare di rispetto, e non solo ai suoi genitori ma a una generazione intera. Quando è successo, e quando i miei figli mi hanno chiesto di parlarne, da papà mi sono sentito mortificato. Hai 18 anni, ma sei già un esempio. E il peso di ogni tua scelta porta con sé un messaggio importantissimo. Sei piccolo, ma sei già grande: hai una responsabilità. Secondo me ha perso un’occasione, perché quella responsabilità vale più di tutti i milioni del mondo. E’ grazie a quella responsabilità che puoi diventare immortale. Li ho vissuti anch’io, quei momenti: la scuola, le gare, nel 1988 c'erano le olimpiadi. Non dico di essere stato migliore di nessuno, assolutamente. Ma Donnarumma facendo così ha sprecato una grande occasione”.


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