Economia

Fatture false per 100 milioni: i prestanome erano tossicodipendenti pagati 20 euro

Sono ai domiciliari i tre imprenditori (tra di loro anche una bresciana) considerati i principali accusati dell'inchiesta sui 100 milioni di euro di fatture false emesse da 28 società fittizie

Foto di repertorio

Fatture false per più di 100 milioni di euro, “stampate” in poco più di cinque anni (dal 2011) grazie al lavoro costante di diverse “società cartiere”: sono queste le accuse pesantissime mosse dalla Procura nei confronti di Eleonora Bergamini (55 anni di Capriolo, un lavoro da impiegata delle Poste a Seriate), Stefano Consonni (62 anni di Albano Sant'Alessandro, Bergamo) e Franco Gargiulo (61 anni di Velletri, Roma), i tre principali accusati e oggi ai domiciliari. L'inchiesta, conclusa dalla Guardia di Finanza, aveva inizialmente coinvolto 159 persone, con 30 richieste di custodia cautelare.

Niente di nuovo sul fronte occidentale: utilizzando società fittizie venivano prodotte ingenti quantità di fatture false, così da inscenare un altrettanto falso (ma redditizio) recupero dell'Iva. Il tutto funzionava grazie alla complicità di altre aziende, le cosiddette “società complici”, che ricompensavano i tre imprenditori con versamenti in conti correnti, gestiti appunto dai tre accusati.

Un meccanismo malsano che coinvolgeva anche numerosi prestanome, reclutati – spiega l'accusa – in ambienti disagiati: c'erano dei nullatenenti, dei tossicodipendenti, pregiudicati e addirittura malati terminali. I tossicodipendenti, in particolare, per fare il “lavoro” sarebbero stati pagati 20 euro (e una bottiglia di birra) a settimana.

All'elenco si aggiungono anche i “faccendieri” che venivano pagati per ritirare, un poco alla volta, i soldi illecitamente incassati e che venivano trasferiti nei vari conti correnti. Le società fittizie risultavano ubicate prevalentemente nelle province di Brescia e Bergamo, senza una vera sede e ovviamente senza rilasciare alcuna dichiarazione fiscale.

In tutto sarebbero state 28 le società create ad hoc per portare a termine gli illeciti: tra queste anche un'azienda che risultava essere di Sofia, in Bulgaria, ma che invece aveva il “domicilio fiscale” in Valsabbia, a Villanuova sul Clisi. In tutto sarebbero state emesse fatture false per 104 milioni di euro.


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