Cronaca

I tentacoli della 'ndrangheta sull’Expo: tutti i nomi dei bresciani coinvolti

I nomi dei cinque "bresciani" coinvolti a margine dell'inchiesta "Rent" di Guardia di Finanza e Direazione Distrettuale Antimafia: affari milionari, tra cosche calabresi e soldi lombardi

Soldi “sporchi di mafia” che potrebbero essere stati utilizzati anche per le grandi opere lombarde, su tutte i padiglioni di Expo e il nuovo maxi-centro commerciale di Arese. Per la Guardia di Finanza l'organizzazione criminosa smascherata dall'Antimafia di Reggio Calabria avrebbe infatti partecipato “alla realizzazione dei padiglioni della Cina e dell'Ecuador, alle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture di Expo 2015, al subappalto per Ferrovie Nord, all'ipermercato di Arese, al consorzio di Bereguardo”.

Affari loschi negli appalti che contano, e milioni e milioni di euro riconducibili a reati come associazione di stampo mafioso e riciclaggio. Dalla Calabria alla Lombardia, e anche oltre: gli investimenti “sospetti”, i milioni di euro delle cosche, sarebbero arrivati fino in Romania (per la costruzione di un resorto con impianto sciistico da decine di milioni) e in Canada. Le province coinvolte e i “bresciani”.

Le province coinvolte: Milano, Bergamo, Mantova, Bologna, Reggio Calabria, Catanzaro e Catania. E poi ovviamente anche Brescia. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa al riciclaggio, estorsione, detenzione illecita di armi, induzione alla prostituzione. Questi i “bresciani” che sono stati denunciati.

In tutto cinque persone: Pasquale Giacobbe, originario di Gioia Tauro ma residente a Ospitaletto, Angelo Giavarini di Chiuduno ma di casa a Palazzolo, Livio Peloso, da Frosinone a Montichiari, due giovani ragazze rumene, Alina Axinte e Cristina Alitei, residenti invece a Desenzano del Garda e Brescia. Proprio a Brescia aveva poi sede la Bergamo Building, una delle tante società controllate dall'organizzzione.


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