Cronaca

Epatite acuta, ricoverato un bambino bresciano: ha subìto un trapianto

Uno dei due bambini ricoverati in Lombardia è della nostra provincia

Ansa

Una bambina di 6 e un bambino, bresciano, di 11 anni: sono due al momento i minori colpiti da una particolare forma di epatite acuta, per la quale al momento i medici non hanno una spiegazione. Entrambi sono ricoverati presso l'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e non sarebbero in pericolo di vita, ma per l'undicenne (del quale non sono stete diffuse le generalità) si è reso necessario un trapianto di fegato. Nessuno dei due era vaccinato contro il covid. A livello nazionale i "casi sospetti" sono 11, registrati in 8 regioni (Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana e Veneto).

Il ragazzino si trova in ospedale da inizio aprile. Il trapianto è avvenuto il 12 aprile. I casi di epatite acuta a eziologia ignota non sono nuovi e anche a Bergamo se ne affrontano diversi ogni anno. In tutta Italia la situazione è sotto stretto monitoraggio, e proprio due giorni fa la Sigenp, Società italiana, gastroenterologia patologia e nutrizione pediatrica - area fegato pancreas (di cui è coordinatore Angelo Di Giorgio, pediatra epatologo del Centro epatologia e trapianti pediatrici dell'ospedale Papa Giovanni di Bergamo) ha lanciato uno studio finalizzato a fotografare la situazione italiana in merito ai casi di epatite acuta.

L'obiettivo è quello di capire quanti sono i casi in questo momento in trattamento in tutta Italia, se siano maggiori rispetto agli anni passati o se addirittura si stia verificando un incremento anomalo.

Giovanni Di Perri, infettivologo, sui casi di epatite acuta grave di origine sconosciuta che ha colpito diversi bambini tra i 2 e i 5 anni in alcune parti d’Europa aveva sottolineato a Inews24 che “le indagini fatte al momento sembrano escludere, ad esempio, un agente per via alimentare. Nel 70% dei casi è stato isolato l’adenovirus 41, che però è associato a banali infezioni che possono anche interessare il tratto gastroenterico sotto forma di diarrea. Epatiti di questa gravità non sono attribuite, in genere, all’adenovirus 41”.

L’infettivologo spiega che i dati disponibili non sono abbastanza: “In questo momento è difficile capire di cosa si tratta. Il fatto che interessi i bambini e non gli adulti potrebbe riguardare l’assenza di una precedente memoria immunitaria maturata nella vita. Però questo non basta e non sembra trattarsi di bambini immunodepressi. È molto inquietante. Gli stessi dispacci non vanno oltre quello che dico, quindi in questa fase, formulare un’ipotesi è molto azzardato. È chiaro che il problema è da osservare molto attentamente. Sono certo che in Inghilterra stiano facendo tutti i rilievi necessari anche di microscopia elettronica sulle feci e una serie di caratterizzazione dei campioni”. 

Di Perri aggiunge che “la cosa è inquietante, francamente non sembra nulla di tipico. Lo screening dei virus noti sono tutti negativi e in questo momento non c’è nessuna associazione col consumo di particolari alimenti. I casi sono geograficamente lontani, per cui non sembrano esserci nemmeno fattori in comune come, ad esempio, l’inquinamento di un acquedotto”. 


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