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Tragedia dei braccianti, 12 morti: il camion di mangimi era diretto a Brescia

Una delle più grandi tragedie recenti che l'Italia ricordi: dodici morti in un colpo solo, dopo 12 ore di lavoro. Lo schianto sulla Statale 12 in provincia di Foggia

Foto Roberto D'Agostino - FoggiaToday

Era diretto in provincia di Brescia, verso la Bassa, il camion carico di mangimi che nel tardo pomeriggio di lunedì si è schiantato contro il furgone che stava riportando a casa, dopo una dozzina di ore di lavoro, i 12 braccianti di nazionalità straniera che sono tutti morti, sul colpo. Non ci sarebbero responsabilità in essere per l'autista del camion: si sarebbe trovato il furgone di fronte, all'improvviso, senza possibilità di evitarlo.

Non si esclude che il conducente del furgone si sia improvvisamente addormentato, un colpo di sonno oppure un malore. Sta di fatto che la tragedia del Foggiano è una delle più grandi che l'Italia recente ricordi: dodici morti in un solo momento, a bordo di un furgone carico di pomodori appena raccolti, per un salario di circa 2 euro e mezzo l'ora e in condizioni di lavoro che prevedono il pagamento del viaggio (andata e ritorno, 5 euro ciascuno dalle tasche dei lavoratori) e pure di una bottiglietta d'acqua, per rinfrescarsi dall'arsura delle campagne pugliesi.

Questa è senza dubbio la “pacchia” cui sono sottoposti migliaia di lavoratori stranieri, migranti impegnati da anni nelle campagne del Sud e del Nord Italia: sono 20mila solo in provincia di Foggia, poco meno di mezzo milione in tutto il Paese.

Erano tutti regolari, i migranti morti sulla Statale 12. Poco più di 48 ore prima ne erano morti altri quattro. Vittime del caporalato, certo, ma anche di un silenzio assordante di politica e istituzioni (da tempo, non da oggi) su tutto quello che succede nelle campagne del Sud. Forse per il controllo spesso criminale, forse per la convenienza: il capitale non ha riguardo per la vita o del benessere degli operai, finché questi riescono a rendere.

E nel Foggiano rendono eccome, al massimo: pagati 2 euro e mezzo l'ora, oppure 4 euro e mezzo ogni cassone di frutta o verdura, vivono in ghetti spesso giganteschi, smantellati e che poi ritornano. Ce n'è per tutti: il "Ghetto dei bulgari", oppure il "Gran ghetto" che era stato svuotato dopo l'incendio dello scorso anno (con due morti) ma che è già stato ricostruito, e nuovamente abitato, a poche centinaia di metri di distanza (in pochi mesi già ci sarebbero più di un migliaio di persone).

Giovani, con migliaia e migliaia di chilometri alle spalle, a volte famiglie e bambini da crescere, in cerca del sogno europeo e di una vita migliore. Nelle grinfie di un sistema che non è mai cambiato, e che un po' alla volta fa morire tutti, italiani e stranieri, perché non c'è distinzione, tutti uguali nel rapporto tra produttori e mezzi di produzione.

Il reddito di cittadinanza, eccolo qua. Ne parlava La Stampa qualche settimana fa: di fatto questo “reddito” esiste già. Un'azienda o una cooperativa individua i terreni e chiede i finanziamenti alla UE, li incassa e finge di assumere braccianti italiani, non li paga ma versa i contributi in modo che in meno di due mesi scatti il diritto all'indennità di disoccupazione. E il lavoro nei campi poi tocca agli immigrati, pagati non più di 30 euro al giorno.


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